lunedì 26 febbraio 2007

Legs Diamond - Firepower


Scalognati. Iellati. Sfortunati. Sfigati. Ogni aggettivo che la mente umana applicata alla lingua italiana ha creato per descrivere la condizione di chi si trova sempre nella direzione opposta a quella in cui guarda la signora con gli occhi bendati si può applicare a questa band. Hanno pubblicato alcuni degli album più belli della storia dell’hard rock melodico e dell’AOR, eppure sono rimasti sempre dei perdenti, adorati solo dai critici e da quel pubblico texano che per qualche strana ed imperscrutabile ragione si innamorò della band fin dagli anni ’70, al punto che ogni data dei tour che i Legs Diamond fanno da quelle parti è sempre - ancora oggi! - sold out.

Escludendo la scalogna, si può sostenere che ci fosse qualcosa, in questa band, che non funzionava, che era destinata a tenerli sempre e comunque lontani dal giro che conta? A parte la faccia non proprio bellissima del singer Rick Sanford, che negava ai Diamond la possibilità di cavalcare le fantasie erotiche delle ragazzine, si può discutere di certe strategie, di certe scelte sulla chiave in cui proporre la propria musica, ma non della qualità della proposta, che è stata sempre altissima.

La storia dei Legs Diamond è lunghina, ingarbugliata da cambi di formazione, scioglimenti e reunion a ripetizione, incessanti traslochi da una label all’altra, progetti paralleli che vedevano coinvolti membri vecchi e nuovi della band: qui mi limiterò a prendere in esame i dischi, dando solo qualche accenno delle tormentate vicende attraverso cui la storia di questo monicker si è dipanata. Chi volesse saperne di più, può provare a cercare il numero 44 di HM (luglio 1988), in cui compariva un lungo articolo di Alessandro Massara che credo sia a tutt’oggi la bio più accurata mai pubblicata in italiano dei Legs Diamond.

Negli anni 70, la band pubblicò tre dischi ‘Legs Diamond’, ‘A diamond is a hard rock’ (entrambi del 1977), ‘Firepower’ (1979) esemplari nel disegnare l’inedito connubio hard rock + melodia che tanti proseliti avrebbe poi avuto nel decennio successivo. All’epoca si parlò dei Legs Diamond come dell’ideale riposta americana ai Deep Purple, e il paragone non era azzardato o immeritato. Mike Prince, anima e fulcro della band, era un key player capace di rivaleggiare ad armi pari con Jon Lord, dotato di un tocco “pesante” che manteneva i Diamond a debita distanza da quel Pomp Rock che tanto successo aveva invece nei seventies grazie a bands come gli Styx o i Kansas. Era naturalmente un hard melodico diverso da quello a cui siamo avvezzi, figlio legittimo di quel periodo storico, di quel certo modo di fare rock, legato a doppio filo alle matrici dell’hard contemporaneo. E tutt’altro che popolare. Per i Legs Diamond non c’è mai stato un disco d’oro, e scarsi riconoscimenti ebbe pure l’altra band che forse ancora più dei Diamond ha recitato il ruolo di precorritrice del rock melodico che verrà, gli Starz. Il problema, insomma, era il pubblico. Nonostante una promozione più che discreta, miriadi di date a supporto di gente come Kiss, Ted Nugent, Bob Seger, Alice Cooper, Rush e innumerevoli altri act di punta nei ’70, i Legs Diamond rimasero commercialmente una band di seconda linea. La Mercury può anche averli scaricati dopo i primi due album perché indispettita dall’atteggiamento rapace del loro management, che non reinvestiva uno solo dei dollari guadagnati in promozione, ma se i Diamond di dischi ne avessero venduti a carrettate non c’è dubbio che la label avrebbe trovato il modo di ingoiare il rospo e digerirlo, tenendoseli ben stretti. by AORARCHIVIA

Underworld King


It Takes More Soul (To Rock n' Roll)

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